Cioccolini: mettiamo l’ospite al primo posto, con la nostra personalità.

Giordano Cioccolini non è soltanto un bartender e trainer di corso barman, è un vulcano di idee, un ragazzo dotato di innato spirito critico, sapienza e, infine, di estremo umorismo. Un mix che lo rende un personaggio unico nel panorama del bar. Il suo mantra è: mai smettere di imparare. L’investimento nella formazione ritorna sempre indietro, con tanto di interessi, spiega.

Oggi si divide tra bancone e formazione, portando con sé quelle doti naturali e caratteristiche. Una carriera iniziata un po’ come tutti – dice Giordano – qualche serata dietro al bancone, un amico del mestiere che ti insegna qualcosa…E poi finalmente un corso di Barman.

 

Il tuo percorso si può dire che abbia avuto inizio proprio da lì.

Dopo il diploma di American Bar ho avuto modo di fare molta esperienza, in differenti contesti lavorativi e imparando parecchio da colleghi più navigati. Ma il salto di qualità lo fai cominciando a seguire seminari e masterclass.

 

Ti sei dedicato anche al mondo delle gare. Un consiglio a chi vuole partecipare a una competition?

Le gare sono il trend del momento, una grande occasione di incontro fra professionisti e brand. Vincerne una può portare grandi opportunità, ma anche solo partecipare è importante sotto diversi aspetti: ti costringe a studiare (il cocktail, i prodotti, la storia…). Ti aiuta a sperimentare e spingerti oltre i limiti. Ti mette in connessione con altri colleghi e (soprattutto) con le aziende. È fondamentale leggere e capire il regolamento, perché se azzecchi il concept hai già un piede in finale! Il resto lo fanno la preparazione meticolosa e lo speech (sempre troppo sottovalutato). È per questo che a scuola siamo sempre a disposizione per fare da coach ai ragazzi che vogliono affrontare una competition.

 

"Ciccolini,

In Flair Project ti sei formato e sei poi ritornato per fare a tua volta il formatore.

È avvenuto tutto molto spontaneamente: Flair Project è stato il mio primo corso Barman. In realtà una famiglia della quale ho sempre fatto parte e a cui sono legati i migliori momenti del mio cammino professionale. Ricordo le prime master, quando ancora non andava di moda farle. Ricorso che si usava il forum anziché Whatsapp per organizzare macchinate verso distillerie e birrifici, a toccare con mano quello che studiavamo sui libri. Insegnare nella scuola dove un tempo si è imparato, è un’ emozione difficilmente descrivibile, è una cosa per pochi.

 

La tua prima volta in aula da docente?

È stata un po’ come il mio battesimo dietro al banco: tanta tensione positiva, e l’obbiettivo di dare il massimo fino alla fine, cercando di apparire sicuro nel mio ruolo. Ti dirò di più: sia dopo il mio primo turno da barman, che dopo la mia prima lezione da trainer, sono corso nel retro per controllare se avessi fatto errori nelle ricette, o nella spiegazione, e in entrambi i casi quello che ho sfogliato è stata la dispensa Flair Project. Curioso, no?.

 

Più bartender o più formatore?

Al momento mi divido fra aula e bancone, tenere il piede in due scarpe è faticoso ma mi piace parecchio. In cuor mio spero di non essere mai costretto a scegliere anche perché mi rendo conto che una cosa aiuta a crescere nell’altra. Il lavoro al bar è sicuramente più sfiancante, ma per insegnare devi essere sempre mentalmente al top: da bartender hai la responsabilità del locale e dei tuoi clienti, giusto? Moltiplicala per ogni futuro bartender che nel corso barman stai formando e avrai un’idea della responsabilità che sente addosso un docente. Mi piace ricoprire entrambi i ruoli: la prima volta che sono entrato in un bar, ho desiderato fare il barman, e la prima volta che sono entrato in aula da studente, ho desiderato insegnare.

 

Ora che hai accumulato esperienza nella formazione, quali pensi che siano i maggiori ostacoli da superare per uno studente durante il corso barman?

Ce n’è uno prima ancora di cominciare: ossia scegliere, fra la moltitudine di scuole barman, quella più adatta alle proprie esigenze. Parlando invece del percorso didattico, l’inizio è sempre un po’ problematico, perché ci si sente molto legati nell’effettuare movimenti nuovi e non sempre naturali per il nostro corpo, ma sono difficoltà transitorie. Il gioco si fa senz’altro più duro quando sopraggiungono le ricette da imparare a memoria e l’imponente mole di informazioni riguardanti la merceologia. Scatta quella che io e Francesco Spenuso chiamiamo amichevolmente “Crisi della seconda settimana”, una fase in cui a volte gli studenti si scoraggiano, ma che è assolutamente fisiologica, e che finisce sempre per essere brillantemente superata.

 

In un mondo in continua evoluzione, dove cè sempre da studiare, quanto è importante aggiornarsi prima di poter trasmettere nozioni ai discenti?

I concetti che si trasmettono in aula sono come sassi lanciati in uno stagno: gli studenti parlano, si confrontano, li ripetono ai clienti e l’informazione si diffonde a macchia d’olio, è una grossa responsabilità. Ancora oggi è pieno di falsi miti e nozioni obsolete, retaggio del passato, che vengono prese per buone. E’ impensabile voler insegnare senza essere aggiornati, senza essere sempre al primo banco quando si tratta di imparare.

 

E quanto è importante il rapporto con i ragazzi durante le loro crescita professionale?

Tutti abbiamo modi diversi per apprendere tecniche e nozioni, e per un docente è fondamentale capire quali siano i tasti giusti da premere: i ragazzi sono più propensi a seguirti se riconoscono la tua autorevolezza (non Autorità). E’ un rapporto per certi versi molto simile a quello che si instaura con gli ospiti al bancone, e credo che in entrambi i casi la parola chiave sia “Fiducia”.

 

Preferisci spiegare la storia del Negroni o parlare di Pot Sill Scozzese?

Gli aspetti produttivi e gli aneddoti sono due facce della stessa medaglia. Quando parliamo di un un Rum, ad esempio, è importante sapere la provenienza, la materia prima da cui è ricavato, lo stile a cui appartiene, e l’invecchiamento. Ma non dimentichiamo che ogni distillato nasconde una storia: la forma della bottiglia e i suoi dettagli, l’etichetta, il tappo…niente è casuale, e vale anche per i cocktail. Alcuni clienti sono più interessati al lato tecnico, altri sono più attratti dalle curiosità, dalla narrazione: conoscere un prodotto, o un drink, a 360 gradi ci permette di raccontarlo (e quindi venderlo) più efficacemente.

 

Tre consigli preziosi per chi vuole diventare un vero professionista.

Metti sempre l’ospite al primo posto. Non copiare lo stile di un altro, crea il tuo.

E poi naturalmente il più prezioso di tutti: non smettere mai di imparare, di crescere: quello che investi in formazione torna indietro con gli interessi, e molto rapidamente.

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