Il mondo delle competition

alò mondo delle competition

Ci sono molti buoni motivi per partecipare ad un contest di miscelazione, grande o piccolo che sia.
Il primo è che questi concorsi, con varie e differenti dinamiche, sono organizzati principalmente dai Brand. In caso di vittoria, ciò lascia aperta, una concreta opportunità di fare carriera con collaborazioni sporadiche e partecipazioni ad eventi. È possibile arrivare addirittura a ricoprire il ruolo di Brand Ambassador. Questo è destino del bravo e fortunato concorrente che dovesse trionfare, ma non dimentichiamo che se la destinazione è importante, il viaggio lo è altrettanto. Ogni gara si svolge attraverso un certo numero di step. Ognuno dei quali ci costringe a studiare ricette, prodotti, tecniche, a confrontarci con altri concorrenti e con una giuria. in una parola, a crescere.


Si parte in genere dall’ideazione di un drink, da realizzare dopo aver letto il regolamento. Questo primo passaggio riveste un’importanza fondamentale perché ci dà precise indicazioni su come dovrà essere (o non essere) strutturato il nostro cocktail (dosi, tipologia, quantità minime di prodotti sponsor). Inoltre il regolamento contiene suggerimenti preziosi su quello che l’azienda si aspetta dai competitors. Teniamolo bene a mente: lo scopo degli organizzatori non è dare un palcoscenico ai barman, ma valorizzare il prodotto. Ne consegue che il nostro drink dovrà renderlo protagonista, e il nostro “speech” (il discorso di accompagnamento) dovrà esaltarlo. Inviare la ricetta, corredata da una o più foto e un breve testo introduttivo è il primo passo, spesso coincide col primo grado di selezione. Questa prima selezione si effettua adoperando una scrematura di tutte le “entries” (a volte centinaia) per sceglierne una manciata da mandare alla fase successiva. È importante sapere che nessuno assaggerà il cocktail inizialmente.

La scelta verrà effettuata valutandone il suo appeal visuale/gustativo. Verrà valutata soprattutto l’attinenza al tema scelto dagli organizzatori, ossia quanto i valori del brand vi si riflettono dentro. Ecco perché realizzare un ottimo drink potrebbe non essere sufficiente, se questo non è supportato da una narrazione solida, e da un’ispirazione suggestiva e ammiccante.

Arriverà poi (se tutto va per il verso giusto) il momento di presentare la nostra creazione davanti ad una giuria. Nella fase precedente ci eravamo concentrati sugli ingredienti, sul loro equilibrio, sul gusto, adesso è il momento di pensare alla presentazione, al racconto, alla modalità e al rituale di servizio. Insomma all’esperienza che vogliamo regalare ai giudici, considerandoli come se fossero avventori del nostro bar, mettendoli quindi a proprio agio e trattandoli come tratteremmo un cliente importante: tovagliolino sul bancone, sorriso smagliante, ma soprattutto un bicchiere d’acqua, che è più di un gesto di benvenuto…sono lì seduti da chissà quanto e hanno assaggiato tutte le proposte dei concorrenti che sono saliti prima di voi, dategli modo di rinfrescarsi un po’ la bocca, di prepararla a nuovi sapori.
Da non trascurare, proprio come se avessimo degli ospiti al banco, l’interazione. Stare a testa bassa e concentrarsi solo sulla preparazione del cocktail non è un buon biglietto da visita. Guardiamoli negli occhi, a turno, parliamo con tutti quanti, non ci focalizziamo solo su uno in particolare…comportiamoci proprio come fossimo al lavoro.

Parlare mentre ci muoviamo serve a trasmettere sicurezza. Per essere in grado di farlo, dovremo aver provato molto, fino a quando tutti gli step della preparazione non ci vengono così naturali da essere praticamente automatici. A quel punto, potremo dedicarci ai clienti-giudici, rispondendo alle loro domande, raccontandogli il drink e la sua ispirazione. Evitiamo di dividere la performance in due parti, la prima dove parliamo senza fare nulla, la seconda dove versiamo gli ingredienti facendo la “lista della spesa” (ora metto questo, adesso aggiungo quest’altro….), perché non è un bello spettacolo, e ci fa anche perdere tempo. Abbiamo infatti un tot di minuti (stabiliti dal regolamento) per completare la prova, superati i quali incorreremo in delle penalità.

Sarà fondamentale contenere (e di conseguenza simulare) la preparazione e lo speech in un tempo inferiore a quello disponibile. Lasciarci anche due o tre minuti di margine, per evitare che qualche imprevisto in gara (un bicchiere che si rompe, una bottiglia che non si stappa, un dosaggio sbagliato) ci faccia incorrere in un “over time”. Ci sarà un cronometro, probabilmente: teniamolo d’occhio, ma senza dare l’impressione di essere ansiosi.


Lo speech (una delle parti più importanti) dev’essere fluido, coinvolgente, e aiutare a capire a fondo il cocktail. Sottinteso che quest’ultimo dev’essere buono ed equilibrato, facciamo in modo di valorizzare il prodotto utilizzato, e diamogli un nostro tocco personale. Il racconto, l’evocazione, hanno un impatto potente sulle percezioni. Attenzione: spiegare di aver scelto un ingrediente perché lo usava nostra nonna in cucina e quindi ci riporta all’infanzia è di sicuro romantico, ma difficilmente funzionerà. In primis perché è autoriferito (non tutti hanno lo stesso ricordo legato ad un determinato sapore). Inoltre per le motivazioni già specificate in precedenza: l’obbiettivo dell’azienda che organizza una gara è promuovere il prodotto attraverso un cocktail che crei un forte legame tra il cliente e il brand stesso. Questo pensiero ci deve accompagnare durante tutto il processo creativo, dev’essere il punto fisso intorno a cui ruota tutto quello che facciamo.

Preparare una gara, in definitiva, vuol dire studiare, studiare, e ancora studiare…Ecco perché, indipendentemente dal risultato finale, abbiamo già vinto: ne usciremo cresciuti, e confrontandoci con i giudici e con altri bartender più esperti, potremo ampliare il nostro bagaglio tecnico (e la nostra rete di contatti…)

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